La miopia della politica italiana che non ascolta il territorio (e il terzo settore)

Vi sono alcune cose che potrebbero lasciare perplessi quei pochi italiani che, ancora innamorati dell’arte della politicaa, si impegnano in una lettura attenta dei programmi dei partiti per comprendere meglio da che parte stare il 25 settembre.

Nel corso delle nostre interviste, abbiamo cercato di integrare ed allargare il dibattito politico a tutta una serie di persone che, da anni, si occupano di politica in maniera specifica e locale. Mario Cecchetti, nel suo piccolo, è riuscito a rendere più armoniche alcune parti di  Tor Bella Monaca, creando attività come il dopo scuola per i ragazzi e promuovendo la street-art, le cui opere hanno ravvivato le strade e gli edifici di quella parte di Roma. Un lavoro altrettanto impattante è quello del collettivo Tor Più Bella, sempre a Roma-Est, da mesi attivo su iniziative di rigenerazione urbana (grande focus anche sul PNRR) a livello locale. Andrea Colafranceschi, a luglio, ci ha spiegato e presentato la Living Tower, la torre liberata dallo spaccio, ridipinta e divenuta uno spazio libero, con sale per mostre fotografiche e un orto botanico al quattordicesimo piano, un esperimento di ‘vertical farming’. L’iniziativa sarebbe facilmente replicabile in altri quartieri, ma la politica, a tutti i livelli, decide sistematicamente di ignorare questi esperimenti.

Ci sono anche altri esempi. NonnaRoma è un collettivo a Roma-Est, che da 5 anni si occupa di fornire pasti gratis alle famiglie più bisognose. Alberto Campolilla, ideatore del collettivo, è esperto in povertà alimentare e digitale. Da anni organizza attività non-stop, volte a non lasciare nessuno indietro. Ma, anche qui, la politica non lo ascolta, né lo coinvolge nella ideazione di programmi che potrebbero essere realmente utili nella complessa realtà della Capitale. Potremmo continuare con esempi di sport, come la palestra popolare del Quarticciolo Ribelle, o esempi di integrazione lavorativa come Gabriella Guido, che nel cuore di Roma insegna un mestiere, il falegname, a migranti, richiedenti asilo, ex-detenuti, giovani che lasciano la scuola ecc.

Quale è il punto? La politica non ascolta il terzo settore, ovvero quella parte di politica, la più ‘rozza’, che è però a stretto contatto con l’elettorato. Nel programma di centro-destra il terzo settore viene visto attraverso la lente del ‘principio di sussidiarietà’, al quindicesimo punto su quindici. Il quindicesimo punti lo si intitola  ‘giovani, sport e sociale’, quindi il terzo settore e la politica territoriale possono essere valorizzati marginalmente, all’interno della fascia sport.

La coalizione di centro, quindi ItaliaViva e Azione, concentra molta più energia sul terzo settore (che appare 14 volte nelle 68 pagine di programma). Anzitutto, il terzo settore verrebbe coinvolto per la revisione del reddito di cittadinanza (c.d RdC). Un meccanismo del reddito che non funziona riguarda l’obbligo, al momento teorico, dei percettori di partecipare 8 ore a settimana a progetti di pubblica utilità organizzati da enti del terzo settore (oggi non avviene a causa di complessi iter burocratici). La coalizione calcola che, se gli attuali percettori del RdC lavorassero otto ore a settimana come previsto, il terzo settore beneficerebbe di circa 350 mila addetti full-time. Un aumento del 38% rispetto a quelli attuali. Si parla quindi di rafforzare il terzo settore, progetto legittimo, ma non si menziona l’intenzione di integrare ed ascoltare questo settore per la progettazione di progetti politici. Il capitolo ‘Welfare e Terzo Settore’ del programma è lungo 2 pagine, rimarca la rilevanza del terzo settore come ‘modello economico stabile su cui innestare i pilastri della ripartenza nel solco della sostenibilità, della transizione ecologica e dell’innovazione’. Eppure, mancano progetti di integrazione del terzo settore.

Per quanto riguarda il M5S, sul terzo settore non vi sono riferimenti ulteriori, soprattutto in ottica di un programma che, sebbene si concentri moltissimo sulle disuguaglianze, non recepisce come input fondamentale la necessità di rafforzare il rapporto tra politica e territorio tramite attori già esistenti e operativi.  Verdi e Sinistra Italiana hanno redatto 110 punti; il terzo settore è il 100 esimo, con il titolo “garanzia di stabilità e certezza normativa in materia fiscale per gli attori del terzo settore”, nessun dettaglio ulteriore.

Non premiamo nessun partito prima di leggere i programmi, ma è sotto gli occhi di tutti che il Partito Democratico sia l’unico che, all’interno del suo progetto, abbia intenzione di sviluppare una relazione virtuosa tra Stato, Mercato e Comunità, garantendo una frontiera efficiente tra concorrenza e universalità dei servizi, attribuendo un ruolo crescente al Terzo settore e al protagonismo civico che anima le nostre comunità nei diversi ambiti della vita civile.

Rimane, comunque, il grande rammarico di una politica sempre più distante dal territorio e, soprattutto, priva della volontà di integrare e ascoltare chi, sul territorio, ci combatte da anni.

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